Pubblicato in: 2017, Creatività su Carta

Dolore

«…quando un persona grida il proprio dolore,non crede necessariamente che qualcuno possa alleviarlo.
A volte ha più bisogno che gli altri mitighino la sua solitudine in questo dolore»

Io non mi so esprimere a voce.
Forse è per questo motivo che la maggior parte delle volte sbaglio nel reagire alle parole che gli altri mi rivolgono.

Mi arrabbio.
Faccio scena muta.
Scoppio a piangere.
Ribatto fino allo sfinimento per far vincere il mio pensiero.
Queste le povere alternative di parola che ha la mia laringe.
Non conosce altro.

Ovviamente ci sono anche quelle alternative chiamate ”alternate” che se avete studiato un po di psicologia come ho fatto io sapete che non c’è mai un solo modo,una sola alternativa nel linguaggio umano.
C’è la volta che piagnucolo mentre faccio scena muta.
O la volta che mi arrabbio piangendo e urlando.
Quella è forte,ve lo assicuro,uno spettacolo da non perdere.

Io sono questo,un teatro del dolore interiore che cerca a tutti i costi di uscire fuori.
Ma non sa come fare,poveraccio,e si complica la vita arrampicandosi sugli specchi dei miei contorti modi di esprimermi.

Poi arriva la scrittura,quel modo semplice e naturale in cui il mio dolore e la mia anima si riversano fuori da me senza che io neanche ne abbia la concezione.

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E poi posso tirare un sospiro.
Di sollievo,non di angoscia.

«…quando un persona grida il proprio dolore,non crede necessariamente che qualcuno possa alleviarlo…»

Vi confesso,ora,che io ci credevo prima.
Credevo che urlando il mio dolore,contorcendo ossa,muscoli e anima,sarei riuscita ad alleviarlo.
Il male sarebbe fluito fuori come da John Coffey nel Miglio Verde,dal mio urlo sarebbero volati via sciami di male,e poi…sarei stata meglio.
Bene. Semplicemente bene.
Invece non è cosi. Non è mai stato cosi.

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Il dolore porta dolore.
Urlare il proprio dolore lo fa solo crescere e lievitare come il pane all’interno di noi stessi.
Ho urlato tanto. Ma cosi tanto che alla fine mi sono trovata stracolma di dolore all’interno.
Non c’era più posto per niente. Ero cieca,muta e assente.
Non ero più capace di provare un emozione,mi avrebbe distrutto definitivamente.
Più piangevo e mi disperavo,più cresceva il mostro dentro di me.
Più sbattevo la testa contro il muro -piccola,stupida,demente- più cresceva dentro di me un mostro che ridacchiava,mi solleticava nelle parti più intime e godeva del dolore che mi faceva provare cosi facendo.
Non finiva mai,era un calvario.
Il calvario. Il mio calvario.
Non potevo condividerlo con nessuno,era mio e basta.
Nessuno poteva capire. Nessuno può. Nessuno potrà mai capire.
Quando poi è arrivata quell’emozione -seppur debole e innocente,è arrivata- mi ha distrutta.
Il controllo della mia mente e delle mie azioni si è dissolto in una nebbia di pensieri confusi e ossessivi.
Voglio andarmene. Voglio morire. Non ce la faccio. Non ce la farò.
Cosi ho tentato il suicidio. Cosi ho preso tutte quelle medicine senza pensare a cosa stavo andando incontro.
Stupidi meandri della mia memoria,quando uno si intossica di medicine muore.
Bugia,cazzate. Tutte supercazzole.
Io non sono morta,sono andata ancora più a fondo nel mio personale Inferno.

Che vi credete,che da quando prendo gli psicofarmaci e faccio la terapia con la psicologa non vivo più nell’Inferno?
Stupidi innocenti bambini illusi.
Io ci vivo sempre come è da quando sono nata diciannove anni fa.
Ho soltanto trovato una valle più tranquilla dove sostare momentaneamente.
Ma è tutto momentaneo qui.
Da un nanosecondo all’altro cambia tutto.
Ieri,all’improvviso,mi sono gettata dal burrone che c’era infondo alla valle.

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Schioccate le dita.

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Eccomi,lì,in caduta libera.
Libera nella mia pazzia,senza medicine a farmi da catene di resistenza alla normalità.
Ero solo io,allo stato puro e selvaggio.
Un mostro capace solo di atrocità.
Degno d’essere atterrato con un colpo secco.

Boom!– e cado.
Chi mi ha sparato?
Mia madre,mia sorella.
Le loro braccia che hanno cercato con tutte le loro forze buone a farmi calmare.

~〜~〜~〜~〜~〜~〜~〜~

Queste.
Queste creazioni rispecchiano la mia sofferenza,il mio dolore.

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Ognuna identifica un diverso disturbo psichico.

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Potrei farvi la lista di quelli di cui sono affetta io,ma nel complesso tutte queste creazioni sono un puzzle che completa il disegno del mostro che vive dentro di me.

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Lo vedete anche voi,adesso?

~〜~〜~〜~〜~〜~〜~〜~

Adesso che sono lucida riesco a vedere la scena dal di fuori,sono risalita a fatica -e con l’aiuto di alcune medicine- sulla valle e riguardo la scena svoltasi nel più ardente fuoco delle viscere infernali con un risolino tra le labbra.
Non so se mi fa piacere il male che procuro o se rido solo perché sono completamente pazza.

Guardate con me,venite,vi accolgo sulla mia splendida valle.
Attenti a non sporgervi troppo però,è pericoloso,potreste cadere anche voi nel pentolone.

Eccomi lì.
Ho un forte mal di testa causato dagli ormoni che mi salgono al cervello.
Mi alzo dal letto e a piedi scalzi vado alla ricerca di Micheluzzo.
L’ho nascosto -non ricordo più dove,forse l’ha nascosto mia madre- per non farlo vedere a mia nipote che se no se lo vuole portare a casa sua.
Accendo la luce nel salotto,sicuramente Cheluzzo sarà nella camera da letto dei miei genitori,ma non mi va di accendere quella luce forte,perciò vedrò di questa luce riflessa.
Appena faccio luce nel salotto il mio sguardo va sul mio adorato presepe.
Manca il pozzo.
Il pozzo. Il mio adorato pozzo. Il mio adoratissimo pozzo.
Non una semplice capretta o uno stupidissimo personaggio.
Manca il mio pozzo.
Il cuore inizia a battermi all’impazzata e inizio a ripetere meccanicamente «No…no…no».
Il mio piede è inciampato,lo sento,sto per cadere nel vuoto.
Indietreggio e mi siedo sul divano,iniziano a scorrermi involontarie le lacrime e mi prendo il viso tra le mani.
Il vuoto…è lungo,sembra infinito,ma alla fine atterrerò…
«Noooo!» grido,la mia voce che sembra uscita direttamente dalle profondità dell’Inferno, «Che cosa ha fatto!?».
Mia madre accorre.
…nella lava bollente. Il mio corpo è incandescente,perdo tutto.
Il controllo e la capacità di essere umana.
Divento finalmente me stessa; bestia feroce.
Mia madre inizia a pregarmi,neanche ricordo cosa ha detto,non sentivo nulla,vedevo solo il pozzo che mancava.
Mi prende per le braccia e mi prega di non piangere che fuori sentono tutto.
No,non puoi tenermi sempre legata tra le catene.
Mi libero,hai rotto il cazzo.
Lancio un braccio contro l’Albero di Natale al mio fianco,lo sento scuotersi e sento il rumore delle palline che cadono per terra.
Mia madre inizia a spaventarsi e mi prende di petto per tenermi buona,ma io sono forte.
Lei è piccola e magra,io sono piccola e grossa,pazza e incontrollabile.
Cammino verso il presepe nonostante lei cerchi di trattenermi,urla e chiede aiuto.
Mi scaravento contro il presepe insieme a lei,peso morto.
Maledetto,fottutissimo presepe.
Lei ti vuole distruggere?
No,non le darò questa soddisfazione,se deve distruggerti qualcuno sarà chi ti ha costruito da nulla.
Lei non è Dio,io sono Dio.
Urlo dalle profondità dell’Inferno e mi contorco,non so più dove sono,vedo tutto nero e all’improvviso vedo la mia vita passarmi davanti allo schermo degli occhi al rallentatore.
….ho abbandonato la scuola…mi sono lasciata umiliare sempre…mi hanno sputato in faccia…ho fallito tutto,sempre…ho perso te…ho perso tutto…tutti…le notti a talgiare le gambe,vedere il sangue scorrere e ridere di gioia,gioia vera,sentire il corpo fremere…questa sono io…questa è la mia natura. Malefica. Dolore. Sofferenza,sempre,per sempre.
Non so più cosa faccio,sento altre braccia che mi tengono,più forti di quelle di mia madre,ma mi dimeno,ancora non ho distrutto tutto il presepe.
Ancora devo fare qualcosa,non so cosa.
Inizio a gridare e insultare tutti.
Mi atterrano. E mi tengono ferma per terra.
Mia madre piange,o è mia sorella?
Sento della lacrime cadermi sulla fronte come se il tetto perdesse acqua.
Vi voglio morte…vi voglio morte a tutte…a tutti….io compresa…dobbiamo morire tutti. Tutti. Quello stronzo e tu,tu e io. Tutti.
Sento la bambina nel corridoio,non sono come ci sono arrivata ma sono stesa sul pavimento del corridoio con mia madre e mia sorella sopra che mi tengono ferma.
La bambina infondo al corridoio piange e si aggrappa alla gamba della madre,ha paura.
Perché continui a venire? La bambina non dovrebbe vedere queste cose.
Non ti rendi conto che hai una sorella pazza? Devi startene a casa tua,puttana.
Mia madre mi prega di calmarmi almeno per la bambina.
Non lo farei nemmeno tra cent’anni,lei è uno dei motivi maggiori della mia sofferenza.
Torna a insinuarsi lui nella mia mente.
Le sue risate, i suoi ”ti voglio bene” taroccati come un prodotto cinese.
Pezzo di merda,devi morire anche tu.
Sbatto la testa sul pavimento,mia madre grida,chiede a mia sorella di chiamare qualcuno.
Mia sorella non sa che fare,chi chiamare,e le dice che mi calmerò.
Sembro una pazza ossessa,le mie gambe non si stancano di tirare calci all’aria,maledetta aria che mi fai esistere,devi morire anche tu.
Sono una pazza ossessa. Devo morire.
Alla fine la stanchezza del corpo ha la meglio.
La mia mente torna ad essere lucida,sento mia madre preoccuparsi perchè sta per tornare mio padre e se mi vede in quelle condizioni gli viene un infarto.
Sempre lui,sempre lei. Io mai.
Lui muore,che facciamo? Lei soffre,non è giusto.
Ed io? Io non sono niente.

Io sono Qualcuno che si chiama Nessuno.

«…A volte ha più bisogno che gli altri mitighino la sua solitudine in questo dolore…»

Sono lucida su questo,lo sono sempre stata.
Nessuno può mitigare un bel cazzo in me.
La solitudine che ho come migliore amica in questo dolore mi basta e mi avanza.
Nessuno potrà capirmi.
Io sono Nessuno,non potrò mai capire.
Mai.

State tranquilli,adesso sto meglio.
Le medicine mi hanno fatto tornare con la testa sulla terraferma.
Fa sempre lo stesso immondo schifo questa terra…ma pazienza.
Non credo dovrò restarci ancora per molto.
Non voglio tentare il suicidio.
So che morirò presto.
Sento come sentiva The Rev,che io sono una di quelle persone che morirà giovane.
La mia anima è già cosi consumata,cos’altro può restarmi da vivere?
Per cos’altro avrò le forze? Il corpo si stancherà di tutto questo dolore,di questi farmaci e di queste battaglie contro se stesso.

P.S.
Le citazioni sono del libro Che tu sia per me il coltello.
Le immagini sono di Shawn Coss,artista che ho scoperto e penso di amare.
Shawn,se mi senti,vuoi sposarmi?
Qui trovate tutte le sue splendide creazioni.

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Sono perfette,sono quello che è dentro di me.
E vederlo espresso su un foglio di carta da qualcuno mi fa pensare solo che sono fortunata, non so neanche perche.

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Queste immagini fanno parte del progetto #Inktober Illness del signor Coss.

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Disseminate nell’articolo ci sono alcune mie patologie.

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Facciamo cosi,chi le indovina tutte vince un invito al matrimonio tra me e Shawn, d’accordo? xD

Autore:

Blogger e studentessa. Iper appassionata di millemila cose. Donna dall'umore super instabile. 🧠Attivista per la salute mentale 💪Femminista intersezionale 🎨INTJ

48 pensieri riguardo “Dolore

  1. Fa male, tanto male a chi ti vuole tanto bene come te ne voglio io leggere della tua sofferenza, di tutto il male che senti. Io ti accetto in tutto, anche in questo, perché fa parte di te: ma nessuno può impedirmi di soffrire per una persona a cui voglio bene: i sentimenti non li puoi imbrigliare, non si possono nascondere. Quante volte ho sentito ed ho visto piangere, in preda alle crisi, da ragazzo, chi mi stava vicino: cominciò che avevo 24 anni, e poi è andata avanti così, fra medicine e ricoveri. Lo vivevo come un incubo e lo attributivo al fatto che fossimo cresciuti in una famiglia povera e senza riferimenti certi. Cercavo sempre di starle vicino, ma era così complicato: lo è sempre. Poi sono andato a fare il servizio militare ed ho lasciato tutto lontano: ma ogni sera telefonavo dalla caserma per sapere come stava. Dopo il congedo c’è stato qualche anno in cui sono ritornato in famiglia, sempre con questa preoccupazione. Poi mi sono sposato, ma ogni tanto mi telefonavano piangendo per comunicarmi che c’erano stati episodi anche più gravi. Però, vedi, quello che voglio dirti è: quando si ama qualcuno lo si ama e lo si accetta in tutto. Ieri ti dissi: “Quello che siamo è il prodotto di ciò che gli altri hanno voluto che fossimo”.
    Ricordo un film in cui un dottore diceva: ” Credo che siano proprio le persone più belle, i vetri più puri a incrinarsi più facilmente” e proprio perché sono i più fragili. Ti voglio sempre un mondo di bene Valentina.

    1. L’ultima frase,che accidenti a me non riesco a copiare e incollare, mi ricorda una canzone dei Linkin Park, Castle of Glass…. 😥

      Vorrei conoscerla sai?
      Non te l’ho detto perche mi vergogno,ma vorrei conoscerla.
      Magari l’ho già vista,magari era ricoverata quando lo sono stata io…un giorno voglio conoscerla.
      Almeno tu ti sei mantenuto sano,vedi che sei forte?
      Io che sono? Una debolezza vergognosa..che schifo…
      …per fortuna tu non c’eri,ho paura di perdere il controllo davanti a te… La mia dignità dove andrebbe a finire poi?

    1. Grazie dell’abbraccio Ale..non sai quanto ne ho bisogno ❤

      I disegni non li ho fatti io,ma il signor Shawn Coss,che comunque dovrà diventare mio marito,spero sia giovane e bello *~*

      Quel libro,Che tu sia per me il coltello,è stupendo ❤
      Fuck the haters!

  2. Leggendolo mi sudavano le mani. E non é facile sai? Perché io alla fine ce l’ho fatta. Ho ucciso tutte le emozioni. Ora sono una specie di robot asociale. Riprovo le vecchie, corrosive emozioni solo quando scrivo di me rievocando i miei fantasmi. E stasera, adesso, mi sudano le mani leggendo dei tuoi. Io so che, a lasciar correre, non morirei tanto giovane come invece sei sicura succeda a te. Ma ho la via di fuga. I nazisti portavano con se il cianuro. Io ho pronti un litro di metadone, xanax ed antiemetici. Ma prima ho un paio di obiettivi da realizzare per dimostrare che comunque ho vissuto. Provarci o morire provandoci perché ho posto precisi limiti temporali. Vivere senza sapersi più emozionare é comunque alienante. Bello questo tuo post. So già che leggerò avidamente questo blog

    1. Gatto,posso solo dirti che ti amo?
      A scrivere mi batteva forte il cuore,e adesso me l’hai fatto battere tu con le tue parole… Cosa sono gli antiemetici?
      Gatto…e pensare che avevo seguito il tuo blog pensando fosse un blog divertente,il gatto con il sombrero, mi piace troppo.
      Non avrei mai pensato che il Gatto nascondesse sotto il Sombrero tutta questa somiglianza a me.
      Alleiamoci.

      1. In realtà oggi è un giorno “speciale”, di transizione nella mia attività di blogger. Ho infatti archiviato il mio primo blog. Quello che sí, era divertente. Ma anche fuorviante ed autolimitante. Ho dovuto chiuderlo per poter permettere alla parte più intimista di me di poter crescere. In parole povere, volevo esser preso sul serio come “scrittore” e non più come cazzaro.. Oggi ho archiviato quel blog dopo quasi sei anni, ne ho creato uno nuovo ed ho cominciato a rivedere e correggere il blog su cui ho deciso di puntare. E stasera ho scoperto anche il tuo. Insomma, sembra che questa data sia davvero una piccola, nuova nascita. Mi piacerebbe allearmi con te. Credo che ci guadagnerei. Il tuo modo di scrivere è totale. Prende come il riff finale di un inno rock.
        Gli antiemetici sono dei farmaci che servono a non vomitare

      2. E allora Gattaccio,dove sta il nuovo blog? Lo voglio leggere subito.

        Gattaccio,il paragone con il riff finale di chitarra potevi risparmiartelo,m’hai fatto venire un piccolo,nuovo infarto :”)

        Per me siamo già alleati,ti aspetto.

  3. Vorrei commentare, ma è difficile. Sappi solo che da quella valle, io sono riuscito a tornare indietro. L’augurio è che anche tu, un giorno, riesca a fottere i tuoi demoni.

  4. Ciao! In quelle immagini ci sono anche io, conosco quelle valli in cui stai lottando. Le conosco da più di 20 anni. Però non sono invincibili. Nessun mostro… Nell’ultimo incontro del laboratorio di scrittura autobiografica ci hanno dato un esercizio: “guardo dentro di me e vedo un’opera d’arte”
    Ciò che tu chiami mostro, io ho chiamato kaos…
    Ma sono d’accordo con Sephitoth, se ne può uscire… A fatica, con tante cicatrici, ma si diventa più forti. Non mollare, fallo per te stessa! Curarsi non vuol dire stare sempre bene, lo so… Ma anche le medicine quando escono i mostri tornano utili, sono una stampella molto semplice.
    Ti auguro di cuore di trovare la tua strada, il tuo percorso per venirne fuori. Un abbraccio

      1. Insonnia, segno zodiacale patologico, disturbo bipolare, emicrania cronica e cuore bucato … per ora… non so che altro mi riserva il futuro visto che ormai ogni anno ce n’è una nuova 😅… a volte mi chiedo persino se esiste qualcosa di non patologico…. comunque sono una buona finanziatrice dei farmacisti. Meglio ironizzare altrimenti c’è veramente da spararsi…

      2. Un abbraccio immenso,ti sono vicina ❤
        E chissene,non evitiamo la nostra pazzia per compiacere gli altri.
        Almeno la libertà di essere quello che siamo dobbiamo tenercela stretta.

  5. Io due settimane fa ho spaccato una porta, rotto vasi e piatti. Volevo solo che qualcuno mi difendesse, che mi stesse vicino. La preoccupazione di mia madre era solo che i vicini non sentissero. Io vorrei morire, ma non ho il coraggio. E non ho più la forza di parlare, nemmeno a me stessa. Nessuno può capirti come me.

    1. Anche mia madre aveva la stessa preoccupazione, poi i miei vicini sono mio fratello e mia cognata,insomma,bella merda. Uno non può neanche impazzire in santa pace… 😦

  6. Mi sono imbattuta in questo post per caso, solo ora, ma ci tenevo a dirti che è stupendo. Dolorosamente stupendo. Complimenti.

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