Pubblicato in: 2018, Miscellanea

Come vi sfato gli stereotipi sulle malattie mentali

Esistono infiniti stereotipi nel nostro mondo.
Io lo so,gli ho studiati anche in psicologia.
E lo sapete voi tutti,perchè nella nostra vita tutti siamo stati investiti e infangati almeno da uno stupido stereotipo che ci hanno appiccicato addosso.

Una categoria che negli ultimi anni ho avuto il modo di conoscere personalmente e devo dire anche molto approfonditamente,sono gli stereotipi e luoghi comuni sulle malattie mentali e i pazienti.

Dagli ultimi mesi della mia vita ho appreso il rovescio della medaglia,sono entrata in un mondo dove non esistono stereotipi di questo genere,e devo dire che la cosa mi rilassa cosi tanto da rendermi me stessa al 99%.
Buono,no?

Ma non sono qui per questo.
Sono qui per mostrare prove e fatti concreti di come questi luoghi comuni su di me non siano affatto comuni.
Vi mostro come la mia persona li sfata giorno dopo giorno,e poi voglio vedere se qualcuno ha ancora qualcosa da dire a riguardo.


Ci prendete per scemi.
Per lamentosi esseri informi.
Non siamo questo.
Siamo molto di più.

 

 

Uno dei primi stereotipi che ho avuto la fortuna di incontrare in vita mia sui problemi psichici è stato: la paura.
Ero in un momento molto difficile,e senza che la mia volontà mi comandasse più di tanto,finii per mostrare i tagli che avevo addosso a mia sorella,che ovviamente chiamò mia madre.
In lei vidi la paura. E la sentii anche parlare.
Ma non la paura per l’incolumità di sua figlia che stava cadendo in un buco nero.
La paura per se stessa,per loro normali.
Prendevo i coltelli e le lame la notte per tagliarmi.
La sua unica preoccupazione all’inizio fu questa:
«Ma non è che ci può far del male anche a noi?» chiese a mia sorella mentre io ero li di fronte a lei piangente.
«Non è che ci vuole uccidere?».
Ovviamente mia madre non è una persona molto acculturata e che ha visto il mondo,mia madre tutte queste cose le ha scoperte da me,e se non avesse avuto una figlia con problemi di questo genere non avrebbe mai saputo cos’erano gli psichiatri e gli psicologi.
La sua paura credo sia una delle cose che più mi hanno ferita.
Non c’è motivo di avere paura di noi.
Se ci amate e siete volenterosi di aiutarci non morirà nessuno.

Quando ho iniziato a frequentare il primo psichiatra che mi abbia mai visitata in vita mia ho conosciuto un altro luogo comune alquanto stupido e potenzialmente pericoloso per tutti.
«Tre mesi di antidepressivi e torni sù!» «Non ti preoccupare,non è niente!» mi disse dandomi un colpo sulla spalla e mandandomi a casa.
Sottovalutare.
Non so quanti medici lo facciano.
Sicuramente lo fanno molti genitori,molti parenti e motli di noi stessi.
Non sottovalutiamo mai,MAI.
Perchè le conseguenze potrebbero essere disastrose.
Guardate me,prova vivente.
Dopo quella frase quello stesso dottore fu invitato a venirmi a trovare in ospedale dopo che avevo tentato il suicidio,e davanti a me non si dimostrò più tanto sicuro di se e del fatto che mi avrebbe curata in un batter di ciglio.
Prova vivente ha anche quattordici mesi alle spalle di psicoterapia,e psicofarmaci come riprova.
Niente ragazzi,non sottovalutiamo niente.
Il nostro corpo parla alla nostra mente,e viceversa.
Perciò attenzione.

 

Adesso arrivano quelli belli succulenti di stereotipi,quelli che mi fanno uscire uno tsunami di parolaccie dalla bocca.
Cercherò di contenermi,comunque chiedo già scusa.

 

 

«Oggi vedo che hai messo l’ombretto» «Vedi che stai già meglio?» parole contornate da un sorrisetto soddisfatto.
L’aspetto esteriore.
Uno dei luoghi comuni più ignoranti e vecchi come la stessa terra sulla quale camminiamo.
Sei bello acconciato? Pulito e lindo? Truccata e vestita a festa?
Allora stai bene.
Automatico.
Quello che sta fuori riflette ciò che sta dentro.
Mai cosa fu più falsa!
La qui presente prova vivente vi racconta come va la realtà per lei.
Quel giorno avevo messo l’ombretto perchè mi ero svegliata alle 5.30 e non sapevo cosa fare dopo essermi preparata per uscire,allora ho riempito un tempo morto compiendo quel gesto del truccarmi gli occhi.
Il più delle volte ancora mi innervosisce spendere tempo a truccarmi,quando so che è assolutamente inutile,anzi traviante.
Se metto un pò di rossetto subito pensano tutti che sia accaduto il miracolo divino.
E allora piuttosto che sentire quegli stupidi commenti soddisfatti di sto cazzo,preferisco non truccarmi proprio.
Perchè altrimenti faccio loro sperare che mi truccherò tutti i giorni,che prenderò la laurea,diventerò ricca e famosa e soprattutto…sarò felice.
Un pò di polvere colorata su una palpebra non significa felicità.
Non significa proprio niente.
La cura di se più basilare invece,come doccia e shampoo,sono quasi sempre merito di mia madre.
Con il caldo,vabbè,mi lavo più che altro per togliere via quello schifoso sudore dalla pelle.
D’inverno c’è mia madre a ricordarmelo come una lamentela continua,finchè non mi lavo e la faccio felice.
I capelli me li lava e asciuga lei,io li odio.
Perciò quando mi dicono «Che bella che sei con i capelli sciolti» «Che bella,oggi ti sei fatta i capelli» tutto ciò che sta dietro è semplicemente mia madre e la mia neonata crescente ossessione per i germi.
«Erano cosi quando mi sono svegliata,non ho fatto niente»,secondo voi perderei davvero del tempo a farmi i capelli?
Forse,se ci fossero zero gradi,una o due volte nella stagione capita che mi faccio i capelli,ma altrimenti stanno bene come cavolo stanno.
Volete che continui?
Che vi illustri grazie a chi e come vado al mare quest’estate con il centro?
Semplice,mio padre.
Lui è l’unico uomo di casa,e quindi capace di rasare alla perfezione le mie gambe per quel fottuto girono di mare alla settimana.
Se era per me non ci andavo proprio al mare,a mostrare le mie gambe di merda,pelose e piene di cicatrici?
Ma una volta ripulite si possono nascondere le cicatrici con un pantaloncino fino alle ginocchia,quindi passi pure il mare.
Vi sembra che sto bene adesso?
Vi sembra che mi prendi cura di me stessa?
Ed anche se quel pomeriggio alla settimana mi metto a staccarmi le sopracciglia in eccesso nel mezzo,davvero ciò significa che ci tengo a me stessa?
Davvero ciò significa che sto bene? Che sono felice?

 

 

«Domani andiamo lì,vieni?» «Devi scrivere questo articolo» «Devi studiare per gli esami».
Stooop!
Non sono Wonder Woman e settecento cose insieme non riesco a farle.
Un altra cosa che ci colpisce spesso è la produttività.
Se fai qualcosa alllora stai bene.
Se fai il tuo lavoro,se studi,stai bene.
Certo,come no!
E allora mi riempono di cose da fare pensando che mi facciano bene ma semplicemente mi fanno andare in blackout.
La mia testa regge poco alla volta,è fragile,per sempre.
La mia dottoressa mi è segnata sulla mia cartella il risultato che ho raggiunto passando gli esami a Maggio.
A casa pensavano tutti che sarei stata felice e finalmente soddisfatta.
Niente di più sbagliato.
Prima di tutto,nessuno lo può sapere se non io,ma mi sono davvero fatta un mazzo cosi per passare sti esami.
Che studiare con la depressione non è facile per niente,ogni santissima mattina combattevo contro me stessa per alzarmi e studiare.
Ed anche se era una giornata particolarmente pesante mi davo l’obiettivo di fare qualcosa anche se di meno di quanto avrei dovuto.
Non mi sono fermata mai,anche se la mia testa spesso mi ha abbandonata già sicura della bocciatura e dell’inutilità di tutto ciò.
Alla fine ho vinto. Ho passato l’esame.
Ma non è rimasto niente,neanche un briciolo di orgoglio personale o soddisfazione in me.
Penso ancora a quanto mi manca,penso ancora a quanti anni ho perso,penso a quanto ancora dovrò combattere contro me stessa se voglio prendere sto diploma maledetto.
Perciò no,se uno è produttivo,non vuol dire che sta bene.
Io non sto bene,eppure ho passato l’esame.

 

 

Cibo. Peso. Appetito.
Quante cazzo di persone in questa società di merda pensano che se uno mangia,è grasso,ha appetito,allora sta bene ed è felice?
Personalmente ho mia madre accanto che usa come termometro della mia felicità la mia fame e il mio peso.
Se mangio sto bene secondo lei.
Se dimagrisco vuol dire che sto meglio,che mi sto impegnando per me stessa.
Bugia,non è cosi.
Se sto dimagrendo un pò ultimamente è perchè mi stanno facendo camminare un casino.
Se mangio è perchè ho fame,si,embè?
Uno ha fame ed è felice?
Credo che nemmeno una persona che soffre di anoressia se ha fame è automaticamente felice.
Poi io ho sempre avuto un rapporto strano con il cibo.
La stessa dottoressa mi ha detto che un giorno mi porterà sù,nel reparto dei disturbi alimentari.
Mangio per riempire il cosiddetto vuoto,che poi ‘ndo cazzo sta che sono piena come una balena?
Mangio per nervosismo,per noia e per tristezza.
Perciò anche qui; No,se mangio non vuol dire che sto bene.

 

 

 

Situazione economica.
Ricco=Felice
Povero=Triste
Falso!

I soldi non fanno la felicità,ma ‘avrament!
Anche se una persona non è ricca,ma ha abbastanza per soddisfare i propri desideri oltre che bisogni primari,non sarà automaticamente felice.
Quando abbiamo avuto la botta di culo ed è arrivato il computer nuovo e la stampante,non sono stata felice.
Quando mi ha comprato il telefono-tablet mio padre,non sono stata felice.
E so che penserete adesso: «Ma tu non sei mai felice!».
Oh,ma che volete,io questa sono.
E questi sono fottuti stereotipi.
Non è che quando mi portano alle gite sono felice,o cambia qualcosa nel mio umore.
Forse,solo quando ho visto le turte sono stata felice,questo devo ammetterlo,ma non centravano niente i soldi e i viaggi.
C’entrava l’amore.

 

Stare nel mondo
Esci di casa? Vai il sabato sera in pizzeria con gli amici?
Vai alle feste? Alle gite? Esci anche solo per lavorare?
Allora stai bene,che cazzo vuoi da me.
No,che cazzo,no! Non è cosi!
Io sono anni che esco di casa ed odio ciò che vedo,che sto male che dentro le quattro mura!
Sono anni che desidero il lanciafiamme per eliminare chiunque mi guardi o solo pensi di alzare lo sguardo dalle sue scarpe.
Sono anni che un posto non mi rende felice e appagata.
L’ultima volta sarà stata a Roma nel 2014 al concerto dei Mars,credo.
E perciò no,uscire di casa non ti fa stare automaticamente meglio.
L’aria è inquinata,dalla diossina e dalle persone che vivono.
Fuori di casa puoi essere tanto triste da distrarti e farti investire,o farti investire apposta.
Fuori di casa puoi dimenticare come tornarci e perderti.
No,non si sta meglio fuori.
È sempre la solita.

 

Hai degli amici?
Parli,anche se da sola?
Allora stai bene!
Questo è lo stereotipo che ammette tutto ciò che oltrepassi il mutismo selettivo.
Io ho sperimentato anche quello,ma non mi ha fatta sentire ne peggio ne meglio di quando parlo come una radiolina.
Non mi fa sentire diversamente parlare con mia madre,mia nipote di tre anni,o con degli sconosciuti per strada o i ragazzi del centro.
Capisco che per me questo tasto sia particolarmente dolente dato che da qui nasce il mio disturbo,ma vi assicuro che nessuna persona parla ed ha degli amici allora vuol dire che sta bene.
Ne conosco tanti,ma tanti.
Si,ho passato il mio periodo chiusa in casa senza parlare e vedere nessuno.
Ma non ho sofferto più di quanto abbia sofferto dopo in quei mesi.
E dopo uscivo,parlavo,ma ho tentato di uccidermi.
Quindi,uscire di casa,avere amici,non significa niente.

 

«Io sto peggio di te,ho fatto tre ricoveri»
«No,sto peggio io,ero autolesionista»
«No,no,aspettate! Avrete fatto quello che avete fatto ma ho sofferto di più io quando mi si è rotta la macchina,ve lo assicuro!».
La gara del dolore.
Una delle più grandi cazzate del genere umano.
La competitività anche nel dolore,nei problemi e nelle malattie.
Chi ha il disturbo psichico più grave alzi la mano!
Chi ha sofferto di più alzi due mani!
Alzeremo tutti le mani.
Perchè la sofferenza è soggettiva.
Perchè le nostre vite e personalità sono ognuna unica e irripetibile.
Può avere sofferto davvero più la persona a cui si è rotta la macchina che gli altri.
Non è giusto giudicare la sofferenza di nessuno.
Non è giusto dire «Ah,vabbè,un pò di depressione,c’è l’hanno tutti» e minimizzare un problema altrui.
Non c’è competizione che tenga nella sofferenza,nessuna.
Quello che conta è la reazione al problema.
Se uno a cui è caduta in pezzi la casa reagisce dandosi da fare e ricostruendola,starà soffrendo di meno,perchè sta reagendo.
Se uno a cui è caduta in pezzi la casa reagisce iniziando a disperarsi e gridare,allora la sua mente non ha trovato via d’uscita,il suo problema è una montagna insormontabile per lui in quel momento.

 

E non so se ci siano montagne insormontabili.
Per il mio e il bene di persone a cui voglio bene,spero di no.

 

 

L’unico posto privo di stereotipi e pregiudizi è il centro diurno.
Da quando ci vado mi sento in un atmosfera protetta e solidale.
Siamo tutti sulla stessa barca.
Anche se mio padre è ancora vivo e il suo no.
Anche se io sono stata ricoverata e lei no.
Anche se noi due abbiamo tentato il suicidio e loro no.
Siamo tutti uniti,nessuno è diverso qui.

Se proprio non avete un cappero da fare,invece che sparare giudizi di massa,venite da noi,e vedrete com’è davvero la vita.
Come ognuno combatte i propri mali senza giudicare e rompere il cazzo all’altro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Nota: Questo articolo è stato ispirato da questi due video di youtubers che ammiro.

Vi consiglio di dargli un occhiata!

 

Miss Fiction Books

 

Shanti Lives with MaCheDavvero

 

E vabbè,un grazie a Il piccolo Ruby  che mi ha fatto scoprire il video di Miss Fiction ❤

 

 

 

 

 

Autore:

Blogger e studentessa. Iper appassionata di millemila cose. Donna dall'umore super instabile. 🧠Attivista per la salute mentale 💪Femminista intersezionale 🎨INTJ

18 pensieri riguardo “Come vi sfato gli stereotipi sulle malattie mentali

  1. Ciao tesoro, tu sai benissimo come la penso e tutto quello che hai scritto lo vivo ogni giorno, la cosa che mi fa soffrire di più è il dover essere per forza come gli altri: Devi uscire, truccarti, e come mai non viaggi.. e che cazzo, devo proprio spiegarti tutta la mia vita, che allontanarmi è un problema serio, che sarebbe bello riuscirci, ma è un limite di cui devo fare i conti, non mi piace parlarne, se mi fanno andare in bestia allora rispondo che non si chiede ad una persona con la gamba rotta di camminare è così non mi si deve spingere verso cose che mi fanno stare male, almeno per adesso.
    Sulla classifica del dolore, poi, stendiamo un velo pietoso,c’è sempre qualcuno che sta peggio di te, come se non lo sapessimo, come se il senso di colpa non fosse già abbastanza stronzo.
    Ti voglio bene tesoro mio, sei la mia piccola guerriera.

  2. Credo che il medico cercasse solo di incoraggiare te a migliorare attraverso quelle sue parole e rassicurare la tua famiglia allo stesso tempo. Per gli altri luoghi comuni, credimi, li viviamo e sopportiamo tutti indistintamente e quotidianamente ed è colpa dell’ignoranza e stupidità dilagante.
    Sono contenta, però, nel sentirti dire che stai riuscendo a trovare lati positivi nel percorso che stai facendo al centro diurno e spero che tu riesca ad affrontare questo e tutto quello che ti si presenterà davanti per migliorare la tua situazione. Ti abbraccio.

    1. Per medico ti riferisci a quello di “tre mesi di antidepressivi e stai meglio?”
      Per il resto grazie,sto cercando di capirla bene questa esperienza che forse per i problemi che ho io di socializzazione è la piu forte e pesante che sto vivendo dai tempi della scuola!😫
      Però sicuramente i ragazzi del centro sono dieci volte migliori!!!!🔝🔝🔝🔝🔝🔝

      1. Sì, mi riferivo a lui. E, certamente, questa esperienza per te è difficile ma, come ho detto, si nota che stai cercando il tuo modo di affrontarla ed è una bella conquista. 😉

      2. Ecco R,quello è un coglione.
        Ho sentito che una cosa simile l’ha fatta anche con un altro paziente,che invece considerava irrecuperabile,ed ha sbolognato ad un altro medico.
        Stessa cosa che ha fatto con me appena mi ha vista in ospedale,per fortuna,mi ha sbolognata!🙎
        Perciò no,non credo affatto stesse incoraggiando un bel niente. Credo solo avesse Sottovalutato!

      3. Beh, io non conosco lo conosco per cui mi sono sentita di non dare per scontate le tue parole, poiché poteva essere, appunto, solo un’impressione tua basata anche su un momento tuo, personale, che stavi attraversando. Tutto qua. E poi penso che, in generale, non bisogna mai crearsi pregiudizi sulla base di ciò che dice la gente su una o più persone; è meglio conoscerle e rendersi conto da sé.

  3. Gli stereotipi, Valentina, valgono, purtroppo, per tante cose della vita: e fai bene a incazzarti, perché non è mai abbastanza. Si giudica in base a stereotipi dalle apparenze, da come di solito vanno le cose per tutti (“Abbiamo finito il corso: sei felice?” “Felice un accidenti! Non ho imparato nulla e ho sofferto come un cane!”); si giudica da stereotipi in base a come parli a ciò che dici: se dici questo allora sei così, se sei contro quel partito politico allora stai per forza con quell’altro e se sei timido con le ragazze sei per forza omosessuale! Ma chi lo ha detto! Chi cacchio vi da il diritto di giudicare?! Scusa lo sfogo, Valentina, scusami davvero, ma è una questione che va avanti da anni, per me, da secoli per il resto del mondo.

  4. Come pesa la vita quando si ha dentro qualcosa d’incompiuto. Quando non si fanno percorsi puliti e si deve ritornare indietro a mettere tutto in ordine. So di cosa parli non uguale ma simile. Quindici anni di vita infame ma ce l’ho fatta. Poi ha mutato dentro di me ora con farmaci controllo il più possibile. Si spera. Forza si cade e si ci rialza, sempre!

      1. Ma certo che ce la farai! Datti tempo e fai le cose con calma, un passo alla volta💕

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